Interprete intensa e apprezzata a livello internazionale, Mafalda Minnozzi ha pubblicato di recente “Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz – Deluxe Special Edition”, album nel quale rilegge e reinventa il canzoniere brasiliano, in una fantasiosa miscela di bossa e jazz, avvalendosi del contributo di Paul Ricci, suo storico chitarrista nonché suo direttore musicale, e di alcuni tra i più autorevoli musicisti americani come il pianista Art Hirahara, i contrabbassisti Essiet Okon Essiet e Harvie S, il batterista Victor Jones e i percussionisti Will Calhoun e Rogerio Boccato.
Ispirato all’universo musicale di Gil Evans e João Gilberto (ma non solo), “Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz – Deluxe Special Edition” mette in evidenza la tecnica inconfondibile e la sensibilità artistica di Mafalda Minnozzi, cantante di origini italiane (è nata a Pavia) ma artista dalla carriera per così dire “multiculturale”, divisa com’è tra Sudamerica, a cominciare dall’amato Brasile, Italia e New York.
“Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz – Deluxe Special Edition” accende i riflettori su alcuni compositori brasiliani meno conosciuti in ambito jazzistico, oltre a rendere omaggio al genio compositivo di Antonio Carlos Jobim. Il maestro è presente con sette composizioni (incluse le note “Dindi”, “Desafinado” e “Triste”), ma se ne avverte l’influenza anche negli altri brani, a cominciare dagli arrangiamenti, curati dalla stessa Minnozzi e da Paul Ricci.
La versione “Deluxe special edition” dell’album include 15 tracce: la prima è “A Felicidade”, di Jobim, che rivela già al primo ascolto la spontaneità e la coesione di un quintetto jazz. I cinque musicisti coinvolti rinvigoriscono un groove già di per sé incalzante, in cui Mafalda riluce come uno strumento a fiato. “Vivo Sonhando”, altro classico di Jobim, si distingue per l’interpretazione moderna, ispirata al titolo e al significato del testo. In “Morro Dois Irmãos”, di Chico Buarque, i musicisti sembrano avvolti in un incanto quasi mistico, imprimendo al tempo stesso un impulso jazzistico ad un brano che è uscito di rado dai confini brasiliani. L’arrangiamento mette in evidenza, ancora una volta, le doti e la tecnica vocale di Mafalda.
“Samba da Benção”, di Baden Powell, vede la partecipazione del percussionista Will Calhoun come ospite speciale: questo brano è riletto in modo molto personale da Mafalda, che si lascia trasportare in una danza seducente con il pianista Art Hirahara. In “Once I Loved” la voce della Minnozzi cattura la fragilità e l’innocenza evocata dal testo, restituendo all’ascoltatore una versione intima e introspettiva. Si cambia atmosfera con “Chega de Saudade”, uno dei brani più famosi di Jobim, portato al successo dalla premiata ditta Getz/Gilberto e qui gioiosamente reinterpretato. L’album esplora anche il suono più viscerale del Samba in “Mocidade” di Toninho Horta e in “Jogral”. Qui, la melodia di Filó Machado e José Neto, una corsa mozzafiato sulle montagne russe, scivola fluentemente verso il Samba grazie alla maestria di Rogerio Boccato, mentre il vivace scat di Mafalda è punteggiato dagli accenti improvvisativi dei musicisti.
La lista degli autori brasiliani interpretati da Mafalda si completa con la versione italiana di “Un Altro Addio” di Toquinho/Vinicius de Moraes e con il brano “É Preciso Perdoar” di Alcyvando Luz e Carlos Coqueijo, introdotto dalle note di “Lonnie’s Lament” di John Coltrane, accostati in un’inedita prassi che intreccia il jazz ai colori afrobrasiliani.
L’album si chiude con due omaggi al pubblico italiano: “Città Vuota (It’s a Lonely Town)” di Jerome Pomus e Mort Shuman con il testo di Giuseppe Cassia e “Nessuno al Mondo (No Arms Can Ever Hold You)” di Nebb e Crafer, nella versione di Gioia e Rastelli, sono proposti con un’interpretazione essenziale che vibra sulle frequenze della bossa nova.