Dal 20 al 29 luglio arrivano i “Suoni Mobili” all’Estate Sforzesca di Milano

Il gruppo multietnico Ayom

MILANO – Ormai è diventata una piacevole consuetudine: l’allegra e coloratissima brigata di Suoni Mobili, rassegna itinerante organizzata dall’Associazione Musicamorfosi che si snoda nei luoghi più insoliti e suggestivi della Brianza proponendo musiche provenienti da tutto il mondo, farà tappa anche quest’anno al Castello Sforzesco di Milano, dal 20 al 29 luglio, con quattro appuntamenti di rilievo inseriti nella programmazione del cartellone dell’Estate Sforzesca.
Si comincia lunedì 20 luglio (ore 21.30, ingresso 10 euro) con il live dei Fanfara Station, trio composto dal tunisino Marzouk Mejri (voce, percussioni, fiati, loop station), dallo statunitense Charles Ferris (tromba, trombone e loop station) e dal DJ Marco Dalmasso aka Ghiaccioli e Branzini (elettronica e programming) che fonde la forza di un’orchestra di fiati, l’elettronica, i ritmi e i canti del Maghreb in una miscela di suoni acustici ed elettronici. I Fanfara Station celebrano l’epopea delle culture musicali della diaspora africana e dei flussi che da sempre uniscono il Medio Oriente al Maghreb, all’Europa e alle Americhe. Cantautore e polistrumentista tunisino, Marzouk Mejri nasce a Tebourba, a circa 30 km da Tunisi, in una famiglia di musicisti (suo padre è stato un noto suonatore di darbouka). Lo stile trombettistico del statunitense Charles Ferris si fonda sullo studio delle diverse tradizioni musicali del mondo, soprattutto sulla sperimentazione performativa nei generi legati alla diaspora africana e alle tradizioni balcaniche. Nel 2006 inizia a esplorare la musica classica e popolare tunisina nel Marzouk Ensemble. Marco Dalmasso aka Ghiaccioli e Branzini è un DJ e produttore torinese di stanza a Firenze che, nel corso degli anni, ha sviluppato uno stile molto personale, partendo dall’elettronica e contaminandola con il blues, il jazz e il folk.
Si prosegue martedì 21 luglio (ore 21, ingresso 10-12 euro) con una serata di teatro e musica, il cui comune denominatore è la città di Milano. Nello spettacolo teatrale Figlie dell’epoca-Rosa Genoni”, di e con Roberta Biagiarelli (e la tromba di Raffaele Kohler), spazio al racconto di un universo popolato da donne esemplari. Su tutte, Rosa Genoni, milanese d’adozione, stilista, attivista e protagonista del secolo scorso. A seguire, il concerto intitolato “Il sentimento popolare” con l’inconfondibile voce di Camilla Barbarito, che si esibirà insieme a Fabio Marconi (chitarra), Raffele Kohler (tromba), Ivo Barbieri (basso) e Alberto Pederneschi (batteria).
Mercoledì 22 luglio (ore 21, ingresso 10 euro), riflettori puntati su “A Love Supreme”, fortunato progetto che vedrà la partecipazione di Arsene Duevi (voce), Joo Cho (soprano), Nadio Marenco (fisarmonica) e Giovanni Falzone (tromba): si tratta di un concerto-preghiera, un inno alla vita, un percorso originale nella spiritualità della musica dal Medioevo al jazz, tra luce e silenzio, spirituals e fughe, corali e improvvisazioni.
Infine, mercoledì 29 luglio (ore 21, ingresso 8-10 euro) sarà la volta del gruppo multietnico Ayom, composto da Jabù Morales (voce e percussioni), Alberto Becucci (fisarmonica), Ricardo Quinteira (chitarra), Francesco Valente (basso), Timoteo Grignani (percussioni) e Walter Martins (percussioni), che porterà in scena un mix di ritmi spesso sconosciuti con testi in portoghese, spagnolo, yoruba e Kimbundù che raccontano di amori, incontri e feste.
Ayom è il “Signore della Musica” che vive dentro il tamburo ed è presente in molte culture del mondo. Ayom è l’anima di questo progetto che prende vita dagli stili musicali che fioriscono dalla diaspora africana attraverso l’Atlantico nero, creando un linguaggio interculturale cresciuto nella scena cosmopolita e globale di Lisbona e Barcellona. Tutto nasce dall’incontro del gruppo Forró Miór con la cantante, compositrice e percussionista brasiliana Jabù Morales. Originaria di Belo Horizonte, Morales è immersa nell’universo della tradizione popolare fin da bambina. Maracatu, forró, coco, capoeira, tambor de crioula, congo e moçambique sono stati la sua scuola per venti anni, durante i quali ha collaborato con diversi gruppi nella sua città natale. Ora Jabù Morales rappresenta l’eredità affascinante e seduttrice di un Brasile di altri tempi.

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